Conceria

Chi ama indossare scarpe, borse o giacche in vera pelle dovrebbe prendersi del tempo per visitare una conceria di pelle, per scoprire il processo artigianale che porta alla realizzazione del prodotto finito.

La conceria italiana è da sempre un tipico esempio di successo del modello distrettuale, dato che la quasi totalità della produzione (oltre il 90%) si concentra all'interno di comprensori produttivi territoriali. I maggiori distretti conciari italiani sono quello veneto, nella valle del Chiampo, quello toscano, tra  Pisa e Firenze, e quello campano, nella provincia di Avellino.

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Come funziona una conceria

Dopo aver capito cosa produce una conceria, è fondamentale conoscere le diverse fasi di lavorazione. 

La trasformazione del prodotto grezzo in prodotto finito è composta da una serie di passaggi a volte complessi, che coinvolgono diversi trattamenti di tipo chimico, fisico e meccanico, necessari per ottenere il prodotto finito dalla pelle fresca.

Il termine “concia”, da cui deriva la definizione di “conceria” per questo tipo di attività, si riferisce in realtà a una sola fase dell’intero processo di lavorazione della pelle: la più importante per ottenere un prodotto resistente e duraturo.
Cominciamo col dire che le pelli utilizzate in conceria provengono da animali destinati al macello, e sono quindi un sottoprodotto dell’industria alimentare, che viene recuperato e valorizzato da questa antichissima attività, che può essere definita una vera e propria arte.

Il ciclo di lavorazione

L’attività di concia si articola, sinteticamente, in sei passaggi: la pelle fresca, la pelle grezza, il piclato, il wet blue, il crust ed il prodotto finito. La pelle fresca, appena asportata dall’animale da macellare, viene sottoposta a trattamenti di conservazione tramite essiccazione e salatura, ottenendo così un prodotto grezzo, in cui sono ancora presenti numerosi difetti naturali (lesioni, marchi a fuoco, tagli etc.).

Attraverso appositi macchinari, la pelle grezza viene dunque sottoposta a dissalatura e rifilatura per sagomare la pelle, oltre ad una serie di trattamenti chimici per eliminare ogni residuo e impurità (peli, epidermide, proteine e grassi) in modo da portare la pelle alle condizioni ideali per ricevere il vero e proprio trattamento di conciatura. L’ultimo di questi trattamenti è detto pickel, da cui deriva il termine piclato utilizzato per definire il semilavorato così ottenuto, che blocca completamente il processo di macerazione della pelle.

A questo punto si procede alla vera e propria concia della pelle, ovvero a quel passaggio che stabilizza in maniera irreversibile il prodotto, attribuendogli le tipiche caratteristiche di resistenza ai processi di degradazione oltre che di resistenza meccanica, all’umidità, alla temperatura e agli agenti chimici. Per la concia si possono utilizzare diversi concianti, organici (tannidi, olio, aldeidi…) o inorganici (c.d. concia minerale) come il cromo, il conciante più comunemente utilizzato che dà alla pelle così lavorata il caratteristico colore azzurrino, da cui la definizione di wet-blue.

Il wet-blue è un prodotto non più putrescibile, intermedio e già commercializzabile, che viene poi sottoposto ad ulteriori processi di trasformazione (riconcia, tintura, ingrasso ed essiccatura) fino ad ottenere il c.d. crust, un semilavorato che presenta importanti proprietà strutturali come l’idrorepellenza, la permeabilità ai gas, la resistenza al calore, alle abrasioni.
I successivi passaggi finali servono a migliorarne l’aspetto e conferire alla pelle le caratteristiche finali desiderate (colore, lucentezza, flessibilità) per giungere così al prodotto finito, che viene stimato da addetti esperti che classificano le pelli finite in base alla qualità ed alla destinazione finale.